Pensioni e assunzioni giovani: le misure per il 2018
Uno dei temi dominanti che troverà spazio nella legge di Bilancio per il 2018 è rappresentato dalla necessità di rilanciare l’occupazione giovanile con la introduzione di misure di decontribuzione strutturale. L’incentivo su cui si sta ragionando dovrebbe prevedere un dimezzamento dei contributi previdenziali per i primi tre anni, o due, dall’assunzione a tempo indeterminato con la relativa fiscalizzazione per non impattare con effetto decurtativo sulle future pensioni. Con riferimento al possibile innalzamento dell’età pensionabile collegato all’allungamento dell’aspettativa di vita, la posizione del Governo è quella di discuterne dopo che l’ISTAT avrà fornito gli elementi di valutazione, ovvero tra settembre e ottobre. Quali sono le ipotesi allo studio per bonus giovani, età pensionabile e previdenza complementare?
Dopo la pausa estiva riprende il confronto tra Governo e organizzazioni sindacali sui temi del lavoro e della previdenza. Lo conferma il Ministero del Lavoro con un notizia pubblicata sul proprio sito in cui conferma la prima riunione il prossimo 30 agosto sui temi della previdenza, giovani e previdenza complementare così come era stato peraltro già programmato al termine dell’ultima riunione dello scorso 27 luglio. E’ poi in calendario un nuovo meeting giovedì 31 dedicato alle politiche attive e passive, ammortizzatori e Garanzia Giovani.
A queste si aggiunge il tema della rappresentanza , rispetto al quale il Ministro aveva detto a fine luglio che si stanno realizzando le condizioni per arrivare a un dispositivo normativo che regoli la materia, e la nuova governance dell’INPS. Ulteriore tappa è poi calendarizzata il 7 settembre con in agenda la rivalutazione delle pensioni in essere. Numerose sono state le dichiarazioni espresse nel mese in corso. Quali sono i principali orientamenti che sembrano emergere e quali i principali temi della discussione?
E’ utile in premessa l’inquadramento di fondo sulla sostenibilità finanziaria del nostro sistema previdenziale e sul rapporto tra previdenza e assistenza. Molto interessante in questa prospettiva è il recente Flash pubblicato dall’ Ufficio parlamentare di bilancio sui Rapporti finanziari tra bilancio dell’INPS e bilancio dello Stato.
Quali sono le principali considerazioni? A fine 2015 l’INPS presentava un debito nei confronti del bilancio dello Stato pari a 88,9 miliardi, corrispondente alla somma delle anticipazioni ricevute negli anni. Contemporaneamente, l’Istituto vantava crediti nei confronti del bilancio dello Stato per trasferimenti non erogati pari a 38,7 miliardi. Inoltre, la posizione dell’INPS nei confronti della Tesoreria comprendeva debiti, a fronte di anticipazioni di cassa erogate nel passato, per 32,2 miliardi e disponibilità liquide giacenti
in Tesoreria per 37,7 miliardi.
Da un punto di vista formale, viene osservato, la normativa vigente stabilisce il principio dell’equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali. Il bilancio dello Stato non può, quindi, coprire con trasferimenti a carico della fiscalità generale la differenza tra uscite per prestazioni ed entrate contributive. Trasferimenti a titolo definitivo sono, tuttavia, possibili per la gestione assistenziale e nelle norme è presente, dalla finedegli anni ‘80, il principio per cui “una quota parte di ciascuna mensilità di pensione erogata” va considerata “assistenza”.
Definire la quota di assistenza incorporata nelle pensioni è però complesso. Di fatto, si è seguito un approccio convenzionale per cui ogni anno viene stabilito, su base forfettaria, un ammontare di risorse trasferito a fondo perduto all’INPS per l’assistenza. La parte restante del fabbisogno delle gestioni previdenziali è finanziata dal bilancio dello Stato con “anticipazioni” che contabilmente sono registrate dall’INPS come debito nei confronti dello Stato. Un debito, destinato prima o poi a venire ripianato in modo convenzionale, cosa avvenuta più volte nel corso degli anni. È importante chiedersi, si sottolinea, se il debito dell’INPS nei confronti dello Stato abbia un qualche significato oltre quello di mera posta contabile. In realtà, i flussi finanziari tra lo Stato e l’INPS e le reciproche posizioni debitorie e creditorie non presentano alcuna rilevanza né ai fini del deficit pubblico né del debito pubblico, come definiti dalle regole europee. D’altro canto, il debito INPS non è neanche un buon indicatore di squilibrio del sistema previdenziale; per la sua sostenibilità nel tempo non conta tanto la differenza annuale tra entrate contributive e spesa al netto di una quota “assistenziale” definita in modo convenzionale, quanto le proiezioni di lungo periodo della spesa e della capacità della finanza pubblica di garantirne il finanziamento.